Dicembre 2020: la piena del Panaro ha superato i massimi storici

Tra il 4 e l’8 dicembre 2020 diversi impulsi perturbati hanno interessato la nostra regione, con quantitativi pluviometrici molto importanti sulle aree di crinale. Questi hanno favorito, unitamente alla fusione del manto nevoso, a un rapido incremento dei livelli idrometrici, con diverse piene sui bacini emiliani. La piena del Panaro ha superato i massimi storici, con il fiume che ha visto anche la rottura di una parte di argine.

Una vasta saccatura si è approfondita a inizio dicembre 2020 sull’Europa, interessando anche il nord Italia. L’avvezione fredda in quota e il contrasto accentuato con il contesto più umido e mite preesistente ha favorito lo sviluppo di instabilità intensa e diffusa, con fenomeni anche a carattere temporalesco. 

Il settore occidentale della nostra regione, maggiormente esposto al bordo orientale della saccatura e quindi ai flussi freddi, nevicate fino a quote collinari. Tuttavia dal 5 dicembre l’azione della circolazione depressionaria sul bacino del Mediterraneo ha favorito un’avvezione mite e un rinforzo del campo di vento, con rialzo termico su tutto il territorio. L’Emilia-Romagna ha quindi visto precipitazioni persistenti, specie sui rilievi dove si sono manifestate anche a carattere di rovescio e temporale; nei giorni seguenti contesto pressoché immutato fino all’8 dicembre, con intenso flusso meridionale e tempo perturbato ovunque.

Oltre 200 mm in 48 ore sull’Appennino

La situazione di instabilità più marcata, avvenuta tra il 4 e il 6 dicembre ha favorito accumuli molto elevati in Appennino, con precipitazioni piovose fin sulle quote più alte. Valori superiori a 200 mm su 48 ore sul crinale modenese e reggiano, e oltre i 100/150 mm sulla restante parte emiliana.

Piogge molto consistenti, con valori fino a 100 mm anche sulle pianure occidentali.

L’Enza in piena a soglia rossa, il Panaro supera la piena storica e rompe l’argine

Le abbondanti precipitazioni hanno favorito le piene dei bacini di Enza, Secchia, Panaro e Reno. Sul bacino del Panaro si è superato il massimo storico sul periodo 1942-2019 nelle stazioni di Doccia di Fiumalbo, Lago Pratignano e Sestola. La piena del Panaro ha superato il massimo storico in prossimità di Bomporto. Inoltre nella prima mattinata del 6 dicembre la rottura dell’argine destro in località Gaggio (Castelfranco Emilia) ha causato una fuoriuscita che ha allagato 15 chilometri quadrati di area fino a Bomporto e Ravarino, coinvolgendo particolarmente Nonantola.

L’eccezionale piena del Panaro ha prodotto ulteriori criticità sul territorio, sia nel tratto montano con diffuse erosioni di sponda sia con danneggiamenti alle infrastrutture presenti in prossimità del corso d’acqua.

Oltre alle piene dei fiumi, molteplici sono stati gli episodi franosi che hanno interessato i settori montani e collinari, su gran parte delle province da Piacenza a Rimini.

Gravi criticità lungo la costa a causa di mareggiate e acqua alta

Il forte maltempo ha riguardato anche la costa, con frequenti mareggiate ed episodi di acqua alta. 

La circolazione depressionaria presente infatti ha causato un netto incremento del campo di vento, con raffiche di burrasca dai quadranti meridionali. La ventilazione di Scirocco che ha sferzato la costa ha portato a un aumento del moto ondoso e a due mareggiate in breve tempo.

Già il 2 dicembre si era registrato un primo evento mareale con altezza d’onda attorno a 2,72 metri, mentre tra il 4 e il 7 dicembre si è verificato un secondo evento con picco d’onda pari a 1,91 metri e durata considerevole. La situazione meteorologica, unitamente al contesto astronomico presente, ha favorito il fenomeno dell’acqua alta, con livelli tra 0,90 metri e 1,12 metri. Un ulteriore picco si è verificato nel pomeriggio dell’8 dicembre, fino a 1,23 metri. Quest’ultimo, con moto ondoso che sul tratto costiero romagnolo era andato attenuandosi, è risultato probabilmente sottostimato. In quel periodo l’elevata dinamicità del contesto ha reso le previsioni marine meno attendibili rispetto che in altri casi e buona parte della nostra costa non si attendeva una mareggiata di quel tipo, con onda particolarmente lunga.

Forte erosione costiera sulla provincia di Ferrara, con perdita delle dune di difesa invernali e importante modifica dell’arenile e arretramento di 20-30 metri della spiaggia con perdita totale della parte più esposta. Situazione simile sul ravennate, mentre la parte più a sud ha registrato delle criticità meno consistenti, seppur presenti.

Riflessione sul Panaro: servono comunità preparate e territori ben gestiti

Quanto accaduto deve farci riflettere sull’importanza di avere comunità preparate a situazioni di emergenza e più in generale informate sullo stato del territorio, la cui gestione più che mai deve essere molto attenta e ponderata. Il Panaro è un corso d’acqua la cui morfologia lo rende particolarmente fragile, è caratterizzato nel tratto montano da un tasso di erosione e di trasporto solido particolarmente marcato, che porta a un significativo abbassamento del fondale, che in alcuni punti arriva fino a 3 metri.

Più a valle il corso d’acqua prosegue in maniera sinuosa, prima di passare nei punti con argini continui, strutture artificiali che nel tempo ne hanno modificato il corso naturale, rendendolo rettilineo. In alcuni punti si notano dei restringimenti, anch’essi a opera dell’uomo, che oltre a deviare il corso d’acqua creano un effetto ”collo di bottiglia” aumentando quindi il rischio di esondazione.

Inoltre altri fattori, specialmente legati all’azione dell’uomo sul corso d’acqua e sul tentativo di controllarlo, provocano in situazioni di emergenza effetti indesiderati.

Occorre quindi ribadire la necessità di azioni di tutela dell’ambiente e del territorio quanto più rispettose del contesto in cui ci si trova a realizzare le opere, poiché altrimenti l’effetto dell’antropizzazione può risultare negativo e controproducente.

Viviamo in un territorio fragile

L’Emilia-Romagna è un territorio fragile che presenta zone con elevato pericolo alluvionale. L’11% del territorio è classificato a pericolosità elevata.

Secondo l’ultimo rapporto Ispra oltre 2500 chilometri quadrati sono classificati come potenzialmente interessati da alluvioni frequenti, con tempi di ritorno tra i 20 e i 50 anni. Si necessitano quindi argini alti e robusti, ma anche un vasto reticolo di canali. E soprattutto, come è stato scritto in apertura di paragrafo, la popolazione deve conoscere tutto questo, solo così si può pensare di ridurre nel tempo l’impatto di certi eventi.

Si ringrazia Laura Simoni, studentessa del Dipartimento di Scienze Geologiche di UNIMORE per aver documentato la situazione specifica del fiume Panaro.

Ulteriori approfondimenti sono disponibili nel report di Arpae, dal quale sono state estratte alcune mappe.

Ricevi aggiornamenti sul tuo telefono