Emilia-Romagna: tra maltempo e fragilità del territorio

Le condizioni fortemente perturbate degli ultimi giorni, han favorito l’innescarsi di criticità diffuse anche sulla nostra regione. Sorge nuovamente il problema relativo alla fragilità del territorio, un problema che a volte forse ci si dimentica.

 

I frequenti passaggi perturbati di questo mese di Novembre 2019 hanno messo a dura prova il nostro territorio, già di per sé fragile. Il tutto è culminato con il doppio transito di perturbazioni avvenuto negli ultimi 5 giorni, che han visto precipitazioni diffuse, con nevicate fin sui 500 metri. Un contesto meteorologico che ha favorito l’innescarsi di criticità, specialmente legate ai corsi d’acqua e ai settori appenninici, interessati da frane, nonché lungo la fascia costiera, dove le mareggiate han creato diversi problemi.

Accumuli di pioggia elevati sulla nostra regione negli ultimi 5 giorni, mediamente compresi tra i 60 mm e i 120 mm, ma anche tanta neve alle quote più alte del nostro Appennino. È importante notare come molte località abbiano fatto registrare in pochi giorni, precipitazioni di gran lunga superiori alla media del mese di Novembre.

Neve che, anche a causa di un richiamo di correnti più miti in quota ha iniziato un processo di fusione specialmente alle quote del medio Appennino, andando a favorire anche l’ingrossamento dei corsi d’acqua. Corsi d’acqua che già dai bacini appenninici han vissuto episodi di piena tra Sabato 16 e Domenica 17. Tali episodi son sfociati in criticità numerose ed estese nel corso della giornata di Domenica, specie sulle province centro-orientali dell’Emilia-Romagna.

L’Emilia-Romagna è tra le regioni più a rischio

È opportuno riflettere su quanto accaduto, proprio per rendersi conto della situazione in cui ci troviamo. I dati riguardanti il rischio idrogeologico in Emilia-Romagna sono assolutamente rilevanti.

Prendendo come riferimento il rischio idraulico, connesso quindi alle alluvioni, notiamo che il dato dell’Emilia-Romagna risulta il più elevato di tutta Italia. L’11.5% del territorio rientra nelle aree a pericolosità elevata, il 35.5% nelle aree a pericolosità bassa, ma ben il 45.7% presenta pericolosità media. 

La notevole estensione delle aree a pericolosità idraulica media in regione è legata, oltre che al reticolo idrografico principale e secondario naturale, anche alla fitta rete di canali artificiali di bonifica. Le province di Bologna, Ferrara e Ravenna sono quelle che presentano la maggior estensione di superficie soggetta a rischio alluvionale.

È quindi bene conoscere “dove poggiamo i piedi”, soprattutto se si vuol parlare di impatto del tempo meteorologico sul territorio e sull’ambiente.

E il cambiamento climatico?

Il cambiamento climatico non può e non deve essere un alibi, della serie “ah ma tanto è colpa del cambiamento climatico se ci sono le esondazioni”. La fragilità del territorio è colei che accentua ulteriormente l’impatto dei fenomeni su di esso. E bisogna lavorare per ridurla.

Oggigiorno viviamo in ambienti sempre più urbanizzati ed è sempre maggiore l’esposizione di beni al rischio. Ciò significa che a parità di fenomeni, quelli odierni causano “più danni”, anche dal punto di vista economico, perché aumentando l’urbanizzazione aumenta la concentrazione di persone ed oggetti potenzialmente esposti alla criticità.

Bisogna quindi agire con l’adeguata prevenzione e tutela del territorio. E non sono parole al vento, ma un dato di fatto. Che poi ci sia chi non ha voglia di ascoltare è un altro discorso.

Uno studio statunitense del 2018, prodotto dal National Institute of Building Sciences, afferma che per ogni dollaro speso per ridurre l’impatto dei disastri, se ne risparmiano fino a 6 rispetto all’eventuale ricostruzione. Della serie prevenire è meglio che curare. 

Ed è sempre più importante oggigiorno valorizzare la prevenzione del rischio. Anche perché l’avere persone competenti a gestire le fasi di emergenza, non è comunque un buon motivo per tralasciare le azioni “in tempi tranquilli”.

Tale concetto deve essere chiaro e possibilmente tradotto in azioni concrete, da attuarsi al di là del cambiamento climatico, che è comunque in atto e che di sicuro non porta a un miglioramento della situazione.

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