Caldo torrido oppure afoso? Scopriamo le differenze

Conoscete la differenza tra caldo torrido e caldo afoso? Purtroppo a volte si associa erroneamente la parola “torrido” ad intenso, quando in realtà possiede tutt’altro significato. Scopriamolo insieme!

Talvolta si cade in errore, specie perché capita che l’argomento venga trattato in maniera superficiale, attribuendo a torrido il significato di “intenso”.

Ma cosa vuol dire “torrido”? E qual è la differenza con il caldo afoso?

Molto semplicemente caldo torrido vuol dire “caldo secco”, ossia con bassi tassi di umidità. Caldo afoso invece, si riferisce a un caldo umido, con umidità piuttosto elevata.

È importante sottolineare la differenza, perché il nostro corpo reagisce in maniera differente a seconda della situazione: in un contesto afoso, diventa più difficile disperdere il calore corporeo in eccesso attraverso la sudorazione e aumentano quindi le probabilità di colpo di calore. 

Il disagio bioclimatico e l’indice di Thom

Il disagio bioclimatico dovuto al caldo umido è influenzato da molti fattori, alcuni strettamente legati all’ambiente in cui ci troviamo e alle condizioni meteorologiche presenti, come ad esempio la temperatura, l’umidità e il vento. Altre invece sono correlate al singolo individuo, quali età, eventuale presenza di patologie, possibile mancanza di autosufficienza, o anche, un’attività lavorativa che espone al rischio per temperature elevate.

L’indice di Thom (DI, Discomfort Index) è un indice che combina, in un singolo valore, l’effetto di temperatura, umidità e movimento dell’aria sulla sensazione di caldo o freddo che sembra essere percepito dal corpo umano. Esso è utile a descrivere la condizione di disagio bioclimatico di cui abbiamo parlato sopra.

È importante sottolineare che vengono considerate temperature comprese tra +21°C e +47°C, in quanto al di sotto della soglia minima l’indice attribuisce una condizione di “benessere” mentre al di sopra della massima attribuisce lo stato di “emergenza medica” al di là del valore degli altri parametri.

È bene precisare che i numeri forniti dall’indice di Thom sono adimensionali, di conseguenza servono solo per indicare il “livello” di disagio bioclimatico, ma non si può associare a ciascun numero una misura in °C. In poche parole se DI= 27 non vuol dire “27°C percepiti” come a volte può invece sembrare.

La percezione del disagio rimane comunque un qualcosa di soggettivo. L’indice di disagio bioclimatico aiuta semplicemente a fornire indicazioni anche in ottica preventiva, ma rimane comunque difficile esprimere un qualcosa di abbastanza complesso attraverso un singolo numero.

Questo spiega perché sia meglio riferirsi a condizioni di “disagio debole, moderato, elevato” piuttosto che parlare di presunte temperature apparenti, che forniscono un’informazione sicuramente meno completa.

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