Spostiamo lo sguardo verso l’Australia, cercando di chiarire alcuni punti in merito a quanto sta accadendo. Siamo sicuri che si possa attribuire la colpa al cambiamento climatico?
La situazione in Australia è grave, con incendi che da Ottobre ad oggi han interessato una vasta parte del territorio tra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland. Circa 8 milioni di ettari di territorio (a fronte dei 769 milioni della superficie dell’intero continente).
Gli incendi son stati causati in parte da fulmini, in parte dall’azione dell’uomo sia per colpa sia per dolo.
Il punto più importante però risiede nelle condizioni favorevoli alla loro propagazione: l’ultimo anno (2019) in Australia è stato il più caldo registrato dall’inizio del secolo scorso, inoltre ha visto anche un grave deficit di precipitazioni. Ciò significa che le condizioni di siccità non han fatto altro che favorire una propagazione delle fiamme, che han trovato terreno e vegetazione secca nel loro cammino.
È colpa del cambiamento climatico?
Potrà forse sembrarvi “strano”, ma la risposta è no. O meglio, non direttamente. Prima di parlare di clima, bisogna parlare di tempo e di gestione del territorio.
Innanzitutto quest’anno si è registrato uno dei più intensi eventi di Indian Ocean Dipole (IOD). Tale configurazione va a favorire la presenza di masse d’aria secche in prossimità dell’Australia.
Oltre a questo bisogna valutare anche un riscaldamento della stratosfera sul settore Antartico, il quale ha favorito ulteriori correnti secche verso l’Australia.
La componente del cambiamento climatico può essere valutabile come contorno a questo contesto meteorologico, difficilmente quantificabile comunque analizzando il singolo evento.
I due grafici ci aiutano a comprendere meglio il contesto: quello a sinistra, riferito all’anomalia di temperatura media, ci mostra che essa va aumentando a partire dagli anni ’80. Questo concorda quindi col trend globale di riscaldamento che si è osservato negli ultimi decenni.
Se osserviamo però il grafico riferito al quantitativo stagionale di area bruciata, non si nota alcuna corrispondenza con l’aumento di temperatura. Difatti, il 2019 rappresenta solo un particolare picco all’interno di questa statistica, molto più correlabile a uno IOD forte piuttosto che al cambiamento climatico in sé. E un singolo picco non può in alcun modo essere attribuito solo ed esclusivamente al Climate Change, anche se forse può risultare più semplice farlo.
Quello che possiamo però dire è che il riscaldamento globale può accentuare le condizioni “di contorno” favorevoli alla propagazione di incendi, come ad esempio un generale aumento delle temperature e una modifica del regime precipitativo, con periodi secchi più lunghi e fenomeni concentrati in tempi più brevi.
Cosa si può fare quindi?
Posto il fatto che tutte le misure atte a mitigare il riscaldamento globale circa la riduzione delle emissioni e il passaggio a un sistema di vita che sia più sostenibile risultano importanti ed è necessario tentare di attuarle il più possibile, bisogna spostare l’attenzione su altre problematiche.
Anche in questo caso ci si è trovati dinanzi a una pessima gestione del territorio, sia a causa della modifica del sistema dei fuochi controllati, con un’azione poco coordinata tra i vari livelli di amministrazione, nonché per via della presenza di specie vegetali che favoriscono la propagazione delle fiamme.
Se da un lato l’Australia è un continente che negli anni ha sempre dimostrato la tendenza allo sviluppo di incendi(si veda il grafico sopra), dall’altro è importante riflettere sul ruolo di gestione del territorio.
L’Australia possiede un’economia basata sull’industrializzazione e l’antropizzazione, nonché sull’esportazione di carbone, un modello quindi poco compatibile con la ricerca di maggior sostenibilità che servirebbe a mitigare gli effetti del Riscaldamento Globale, ed il governo risulta alquanto restio a cambiare rotta.
Quindi bene cercare di cambiare la strada tracciata sino ad ora, ma bisogna cambiarla anche dando maggior priorità alla tutela del territorio, non solo alla questione climatica. Si tratta di due problematiche diverse e complesse, per le quali le misure di intervento sono comunque differenti.
Di cosa abbiamo bisogno?
Allarghiamo lo sguardo anche oltre a quanto accaduto in Australia, in quanto le problematiche connesse a tempo, clima e gestione del territorio ci riguardano molto da vicino.
Abbiamo quindi necessità di interventi puntuali, sia in ambito divulgativo, sia in ambito operativo. Bisogna quindi differenziare le problematiche, parlandone in maniera adeguata. Non può essere sempre tutto ridotto a “è colpa del cambiamento climatico”, usandolo come alibi e non è possibile che ci si dimentichi della fragilità dei nostri territori.
Serve formazione nelle scuole, non solo utile a spiegare la “climatologia”, ma anche il valore della tutela ambientale, un problema concreto e fin troppo spesso sottovalutato.
Leggendo alcune notizie in merito all’Australia si legge di alcuni piromani minorenni, se guardiamo in casa nostra, a Sarno, anche lì altri piromani minorenni. Questo a riprova che probabilmente vi è anche un problema culturale, per non dire sociale e la formazione scolastica può fare molto per migliorare tale aspetto.
E poi chiaramente riveste un’elevata importanza l’azione concreta per ridurre la sempre più frequente cementificazione, per migliorare la tutela del territorio (e di riflesso la sicurezza), mitigando quindi anche l’impatto dei fenomeni atmosferici sullo stesso.
Dopodiché, possiamo parlare di clima. Ed adoperarci per migliorare anche lì. Ma buttare tutto in un calderone unico chiamato “Cambiamento climatico”, non solo rappresenta un errore, ma non permette di focalizzare l’attenzione su altre problematiche concrete e sulle soluzioni più adatte ad esse.